Se da un lato la Colombia già nel lontano 1996 aveva aperto le sue porte alla legalizzazione della cannabis, l’Italia così come gran parte dei Paesi europei hanno dovuto aspettare pazientemente qualche anno in più per raggiungere tale traguardo. Discorso analogo per Canada, Cile, Germania, Israele, Grecia, Perù, Paesi Bassi, Polonia e Regno Unito che ad oggi possono impiegare la marijuana a scopo prevalentemente terapeutico e industriale.
Tale argomento richiama sempre particolare attenzione da parte dell’opinione pubblica e dei media, risultando particolarmente dibattuto e controverso: sebbene in parte proprio la canapa sativa risulti perfettamente legale, non mancano le opinioni contrarie che tendono ancora una volta a demonizzarne le proprietà, facendo apparire tale elemento naturale al pari di una comune sostanza stupefacente. Di contro la cannabis disponibile in Italia, comunemente definita come marijuana light si distingue per le concentrazioni di principi attivi CBD e THC sempre entro i limiti previsti dalla Legge 242 del 2016 che ne regolamenta la libera diffusione.
Occorre tuttavia precisare che la legalizzazione della cannabis al momento concerne unicamente l’utilizzo terapeutico o industriale: tutt’ora infatti il consumo della stessa non è contemplato ad uso ricreativo. Vediamo dunque di comprendere più a fondo a che punto è tale lento e tortuoso processo e quelle che sono attualmente le differenze che intercorrono tra l’Italia e i vari Paesi dove la marijuana light viene accolta con un margine di tolleranza decisamente superiore.
Cos'è la legalizzazione e perché è giusto legalizzare la cannabis
Col termine “legalizzazione” si fa riferimento alla libera assunzione, in questo caso di cannabis, e alla relativa coltivazione, senza il rischio di incorrere in sanzioni pecuniarie e pene detentive: ad oggi tutto questo (purtroppo) costituisce uno scenario ancora lontano, sebbene i dibattiti siano accesi e le opinioni ancora piuttosto contrastanti. Basti pensare alla dirompente diatriba tra Unione Europea e Stati Uniti che prosegue da tempo e che, quantomeno in parte potrebbe rappresentare una vera e propria svolta.
Lo scorso ottobre, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in una riunione del Comitato delle Nazioni Unite sugli stupefacenti tenutasi a Vienna aveva discusso circa la legalizzazione del CBD e la relativa esenzione dai controlli globali sulle droghe, col totale appoggio dell’UE.
Tuttavia ad opporsi sono stati proprio gli Stati Uniti che ancora oggi, nonostante l’introduzione della cannabis terapeutica, e i conclamati benefici del principio attivo tutt’altro che psicotropo, hanno negato la possibilità di rimuovere estratti e tinture di cannabis dalla Tabella I della Convenzione del 1961 liberando al contempo tutte le preparazioni mediche gratuite contenenti CBD, e non più dello 0,2% di delta-9-tetraidrocannabinolo o THC dal controllo internazionale. Favorevole al contrario la nuova Zelanda, ove si è scelto di ricorrere al referendum sulla legalizzazione della cannabis, concretizzando la possibilità di rappresentare il primo Paese al mondo a legalizzare la cannabis grazie a un semplice voto pubblico. Tale scelta apre fortunatamente nuovi scenari, dando il via a uno scenario che, accompagnato da un quadro normativo preciso, regolamenterebbe la produzione, la vendita, l’acquisto e il consumo di cannabis per uso adulto.
Quali vantaggi dunque comporterebbe la legalizzazione? Se si valuta il tutto solo sotto l’aspetto prettamente etico, viene da sé che le opinioni a riguardo appariranno tra le più eterogenee e variegate: tuttavia se si pongono sul piatto della bilancia i vantaggi e gli svantaggi dati dalla legalizzazione, valutando in toto eventuali benefit, le cose cambiano radicalmente. In Italia la legalizzazione della cannabis permetterebbe in primis l’introduzione di prodotti sicuri e di qualità, venduti in maniera regolare e di conseguenza legale, permettendo al contempo allo Stato di trarre notevoli vantaggi economici dati dalla vendita di marijuana italiana legale.
Allo stesso modo anche le Casse dello Stato trarrebbero giovamento dalla legalizzazione, permettendo di risparmiare le risorse statali, oggi destinate ai detenuti che si trovano in carcere a causa di reati legati alla droga e allo spaccio, e che rappresentano circa il 40% dell’intera popolazione carceraria. Dalla legalizzazione ne risulterebbe incentivato anche il tessuto produttivo del Paese così come l’economia: un settore in crescita come quello della cannabis potrebbe determinare un notevole incremento economico, offrendo al contempo un numero crescente di posti di lavoro. Per quanto si possa ritenere il contrario, la legalizzazione della cannabis non implicherebbe necessariamente indurre al consumo di droghe pesanti: il numero di fumatori non subirebbe una crescita esponenziale, specie a fronte del fatto che sovente la cannabis viene assunta a scopo puramente terapeutico. Al contrario la marijuana rappresenterebbe un autentico rimedio naturale volto a trattare efficacemente patologie dolorose e infiammatorie, comportando significativi benefici alla salute dell’assuntore, il tutto con la certezza di poter fruire di materia vegetale di ottima qualità, dalla comprovata sicurezza.
Cos'è il proibizionismo della cannabis e perché ha fallito
La cannabis fin dall’antichità, è stata impiegata e assunta sia a scopo celebrativo che terapeutico e ricreativo, rappresentando un’autentica risorsa: solo nel XX secolo ha tuttavia iniziato ad essere sottoposta a severe restrizioni, questo a cominciare dalla prima campagna contro la marijuana indetta da John Warnock, medico inglese espatriato in Egitto, che attribuì alla nota materia vegetale, la responsabilità della demenza e dei crimini diffusi nel Paese, influenzando negativamente anche la Società delle Nazioni che si riunì nel 1924 per discutere di stupefacenti quali l’oppio e l’eroina.
Tuttavia le ricerche dallo stesso supportate si rivelarono inattendibili poiché i dati raccolti provenivano dai pazienti del solo dipartimento egiziano di Lunacy, rendendo pressoché impossibile determinare se i pazienti fossero stati o meno consumatori e se i sintomi fossero riconducibili alla cannabis a causa della difficile comunicazione in arabo.
Nel corso degli anni ’30, negli USA la cannabis fu al centro di accesi dibattiti, poiché ritenuta essere la prima causa di violenza tra gli immigrati messicani, nonché impiegata per corrompere gli adolescenti. Tuttavia negli anni 50’ e 60’ l’Italia rappresenta il secondo maggior produttore di canapa sativa al mondo, questo grazie alla varietà di marijuana “Carmagnola” in grado di fornire una fibra di assoluta qualità, garantendo rese unitarie per ettaro maggiori rispetto ad ogni altro Paese. Purtroppo però nel 1975 con l’introduzione della “Legge Cossiga” contro gli stupefacenti, gli ultimi ettari coltivati a canapa industriale scomparirono rapidamente, determinando l’inevitabile crisi del settore.
Il secolo scorso ha dunque rappresentato una vera e propria lezione di vita, permettendo di associare al proibizionismo, il concetto di fallimento: a testimoniarlo infatti anche gli stessi Stati Uniti che, impegnati negli anni ’30 alla lotta contro gli alcoolici non ha di fatto ridotto o eliminato i traffici illeciti, ma ne ha alimentato la diffusione, incrementando al contempo anche il numero di soggetti, costretti a rivolgersi al mercato illegale.
Il proibizionismo è dunque deleterio e ad insegnarlo è proprio la storia: proprio per questo l’utilizzo della cannabis dovrebbe essere opportunamente regolamentato, non solo per ridurre il danno sociale che in genere provoca un divieto, ma anche quello comportato dal commercio illegale e dalla stessa necessità dei consumatori di entrare in relazione con la criminalità organizzata. La stessa legalizzazione della cannabis a scopo terapeutico rappresenterebbe un enorme svolta, permettendo ai pazienti di curarsi in maniera naturale, evitando di sottoporsi a pesanti trattamenti farmacologici, spesso palliativi o peggio ancora inefficaci.
Legalizzazione della cannabis in Italia: a che punto siamo?
In Italia, a distanza di quasi tre anni dall’approvazione della Legge 242 che regolamenta la coltivazione della cannabis a scopo industriale/terapeutico, il Governo non è stato in grado di normare la commercializzazione delle infiorescenze di cannabis light a ridotto contenuto di THC. Nebulosa è la situazione attuale che di certo non aiuta a dissipare i molteplici dubbi legati alla marijuana, riducendo al contempo quelle che sono da sempre le avventate polemiche legate all’assunzione di tale “stupefacente”.
Tuttavia non tutti i Paesi europei ed extraeuropei appaiono così “chiusi” verso tale cambiamento: l’Australia ne è un tipico esempio che, dopo aver vagliato attentamente quelli che sono stati i risultati delle politiche a livello internazionale, si è aperta al cambiamento legalizzando la cannabis sotto ogni aspetto, rendendola fruibile anche ad uso ricreativo. Da pochi giorni è stata infatti approvata una legge che consente non solo la coltivazione ma anche il possesso di marijuana nella capitale Canberra.
Approvato una legge che rende legale la coltivazione e il possesso di cannabis nella capitale Canberra. Il provvedimento stabilisce che ogni soggetto maggiorenne ha dunque il diritto di possedere fino a 50 grammi di cannabis con la possibilità di coltivare 2 piante pro capite o 4 per famiglia. Frutto di un lento processo durato anni, fa seguito alla legalizzazione della cannabis per uso medico avvenuto nel 2016. Un provvedimento che finalmente lancia un segnale forte rivolto non solo alle giurisdizioni appartenenti agli Stati Uniti ma in tutto il mondo, rendendosi testimone di un cambiamento volto principalmente al progresso, allo sviluppo e alla depenalizzazione di una sostanza che, sebbene sia ad oggi considerata uno stupefacente, vede molti più benefici di quanti possono essere in realtà eventuali svantaggi dati dall’assunzione e dal consumo abituale.
In Italia la situazione è molto diversa, e si è ancora ben lontani dal raggiungere il medesimo obiettivo: libertà di assunzione e detenzione opportunamente regolamentata entro i termini previsti dalla Legge. Se di fatto dal 2016 è consentito l’utilizzo di cannabis a scopo terapeutico e unicamente sotto prescrizione medica, la sentenza emessa dalla Corte di Cassazione il 30 maggio 2019 ha contribuito a frenarne la diffusione imponendo severi limiti circa la concentrazione dei principi attivi e relativa efficacia drogante.
A peggiorare ulteriormente la situazione, la proposta a dir poco deleteria promossa dal segretario della Lega Nord Matteo Salvini che, a ridosso della medesima, ha espresso un out nei confronti dei grow shop distribuiti sul territorio nazionale imponendone la chiusura quantomeno momentanea e promuovendo una politica assolutamente distruttiva nei confronti di un mercato in crescente ascesa destinato a migliorare in maniera significativa l’intera economia del Paese.
Oggi la situazione sembra volgere finalmente al cambiamento: in Parlamento si sta discutendo una proposta di legge sottoscritta da 218 deputati, trasversale e che coinvolge tutti gli schieramenti politici grazie alla quale sarebbe possibile mettere in atto un cambiamento finalmente significativo e ragionevolmente evolutivo.
Secondo quanto previsto, i soli maggiorenni potranno detenere una modica quantità di cannabis per uso ricreativo in quantità di 15 grammi se entro le mura domestiche, ridotta a 5 grammi se fuori casa. La marijuana potrà dunque essere coltivata a casa in un massimo di 5 piante ma il raccolto non potrà essere in alcun modo venduto.
Potrebbero arrivare in Italia anche i Cannabis Social Club attraverso i quali i cittadini residenti in Italia superata la maggiore età, potranno coltivare in forma associata mediante enti senza fini di lucro radunandosi in veri e propri gruppi con un massimo di 50 membri. Regole precise anche per quanto concerne la commercializzazione di cannabis: previa autorizzazione sarà possibile coltivarla e commercializzarla mediante vendita al dettaglio presso negozi dedicati, autorizzati e muniti di licenza dei Monopoli di Stato.
Resterebbero invece vietate sia l’importazione che l’esportazione. Il disegno di legge consentirebbe altresì anche l’auto-coltivazione a scopo terapeutico, semplificando tuttavia anche le modalità di prescrizione legate ai farmaci a base di cannabidoidi. L’eventuale abrogazione della legge sarà discussa entro l’autunno 2019, sperando in un esito positivo che comporterebbe una sensibile riduzione della microcriminalità e la crescita di un mercato attualmente fiorente e destinato a migliorare sensibilmente anche l’intera economia nazionale.
Legalizzazione e canapa legale: quando si può parlare di canapa che rispetta i limiti di Legge
Con il termine cannabis light o marijuana legale si intende una tipologia di canapa sativa che presenta concentrazioni di principio attivo inferiori allo 0,6%. Secondo quanto sancito dalla Legge 242 abrogata nel dicembre 2016, la produzione e commercializzazione della stessa sono consentite purché la materia vegetale presenti un contenuto di THC che non superi la soglia dello 0,2%, condizione ampiamente ribadita anche dalla sentenza emessa dalla Corte di Cassazione a maggio 2019, che tuttavia non pone particolari condizioni rivolte invece alla percentuale di CBD o cannabidiolo.
La coltivazione di marijuana legale non da adito ad alcun dubbio: è legale e non necessita di alcuna autorizzazione. Qualora tuttavia la percentuale di THC superi tuttavia tale soglia rientrando nel limite di tolleranza attestato allo 0,6%, il produttore di cannabis depotenziata viene sollevato da qualsivoglia responsabilità. In caso contrario la stessa legge impone la distruzione o il sequestro della coltivazione da parte delle autorità giudiziarie.
La Legge proibisce le importazioni di ceppi esclusi dal “catalogo europeo”, quali incroci e varietà ibride ma consente differenti utilizzi che esulano dall’assunzione tipica a scopo ricreativo.
I semi possono essere impiegati nella preparazione di edibili e prodotti da forno oltre che oli alimentari, biscotti e pasta, tutti caratterizzati da un gusto piacevole e suggeriti dal punto di vista nutrizionale per le caratteristiche proprietà organolettiche che vantano la presenza di elementi ad azione antiossidante quali Omega 3 e Omega 6. Autorizzato anche l’utilizzo industriale della canapa nella produzione di materiali per bioedilizia così come fibre tessili, particolarmente resistenti e volte principalmente all’isolamento termico.
Non è tuttavia contemplato al contrario l’utilizzo ricreativo, vietato anche dalle precedenti leggi in materia sanitaria, anche se la diffusione a scopo terapeutico e medicinale è di fatto consentita previa prescrizione medica.
Quanto vale il mercato della canapa legale in Italia e in Europa
Il mercato legato alla cannabis light è in notevole espansione e potrebbe rivelarsi una risorsa economica preziosa e decisamente rilevante per l’Italia. A sostenerlo è Davide Fortin, ricercatore della Sorbona di Parigi e del Marijuana Policy Group di Denver, centro studi che ha fatto da supporto a molteplici istituzioni offrendo la propria consulenza circa le leggi relative al consumo di cannabis, come nel caso della legalizzazione in Canada.
Le ricerche di mercato effettuate dallo stesso Fortin hanno decretato che il business della marijuana light potrebbe comportare un fatturato minimo di oltre 44 milioni di euro, generando oltre un migliaio di posti di lavoro fissi ripartiti tra filiera produttiva e grow shop. Tale studio tuttavia presuppone una premessa: tali numeri sarebbero facilmente raggiungibili solo se in Italia esistesse una legislazione specifica, la stessa che porterebbe notevoli vantaggi anche alle Casse dello Stato che potrebbero vedere incrementati i propri introiti di circa 6 milioni di euro l’anno.
Ad avvalorare la tesi uno studio di Coldiretti che ha evidenziato come negli ultimi 5 anni siano aumentati di ben 10 volte i terreni coltivati a canapa: dai 400 ettari del 2013 si è passati ai quasi 4 mila del 2018, dati che ovviamente non fanno riferimento al solo utilizzo del classico spinello.
Estremamente competitivo è il settore alimentare, grazie al quale risulta fiorente la produzione di biscotti e prodotti da forno a base di canapa e ancora farine e oli le cui proprietà benefiche sono state ampiamente dimostrate sia dal Ministero della Salute che dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità). Dalla canapa si ricavano altresì oli impiegati in cosmetica e ancora resine e fibre tessili naturali, apprezzate sia nel settore legato all’abbigliamento che in bioedilizia.
Si tratta di cifre auspicabili anche se di fatto non esiste nulla di certo circa l’effettivo mercato attuale proprio perché non esistendo un quadro normativo specifico, è difficile effettuare stime veritiere e concrete. Proprio per questo motivo sono i “player del mercato” a tentare di smuovere un pò le acque promuovendo e finanziando studi e ricerche, e attuando incontri con le istituzioni volti a favorire la regolamentazione di un settore che seppure confuso può generare infinite opportunità.
La legalizzazione della cannabis in Italia: l’antiproibizionismo italiano dalle origini a oggi
Sebbene la cannabis sia da sempre stata considerata a tutti gli effetti una “sostanza stupefacente”, complice la presenza di THC, principio attivo ad azione tipicamente psicoattiva, nel corso degli ultimi anni l’antiproibizionismo italiano si è fatto strada, portando a poco a poco piccoli grandi progressi e con essi una notevole apertura mentale nei confronti di una specie botanica, conosciuta da millenni per le molteplici potenzialità curative e farmacologiche. Il processo che ha condotto ad ottenere quantomeno la legalizzazione della marijuana terapeutica è stato comunque lungo e tortuoso e ancora oggi risulta palese l’assenza di una regolamentazione specifica che determini a tutti gli effetti la definitiva uscita dall’”era del proibizionismo moderno”.
1990 e la successiva Legge Fini-Giovanardi
L’antiproibizionismo in Italia non è certo divenuto una condizione naturale senza dover combattere contro notevoli criticità: prima tra tutti il famoso Decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309 che rappresentava il testo unico delle norme in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope.
Questo decreto fu particolarmente controverso, al punto di veder modificata l’intera normativa a seguito di un referendum popolare del 1993, mediante la successiva Legge 21 febbraio 2006 n. 49 detta Legge Fini-Giovanardi che a sua volta venne resa illegittima dalla Corte Costituzionale nel 2014 a causa delle condizioni eccessivamente stringenti che vedevano l’abolizione della distinzione tra droghe pesanti e leggere.
Tale definizione fu pertanto deleteria poiché contribuì a promuovere gli inevitabili pregiudizi a danno della cannabis, influenzando negativamente l’opinione pubblica.
2006 Libera prescrizione della cannabis a uso terapeutico
A partire dal 2006 in Italia è stata resa possibile la prescrizione di preparazioni magistrali, utilizzando Dronabinol o sostanza attiva vegetale a base di cannabis ad uso medico: viene dunque contemplato l’utilizzo della stessa, ottenuta dalle infiorescenze essiccate e macinate di cannabis, coltivata previa autorizzazione di un Organismo nazionale preposto, da assumere sotto forma di decotto mediante inalazione avvalendosi di un vaporizzatore.
2012– Diffusione della cannabis terapeutica FM2
Nel 2012 prende il via l’accordo di collaborazione stipulato tra il Ministero della Salute e quello della Difesa il quale prevede che le infiorescenze destinate alle preparazioni galeniche siano prodotte all’interno dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze. Si parla dunque di cannabis FM2 che contiene concentrazioni di THC variabili 5 all’8% e di CBD tra il 7,5 e il 12%, prodotta esclusivamente in Italia in conformità con quelle che sono le direttive europee in materia di medicinali.
2016 – Emanazione Legge 242
Il 2 dicembre 2016 viene introdotta la Legge 242 la quale indica quelle che sono le disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa. Grazie a tale normativa è dunque possibile coltivare cannabis a uso industriale sfruttando i molteplici ceppi di canapa indicati espressamente nel catalogo disposto dall’Unione Europea.
Introduzione della cannabis light
Grazie alla legge sopracitata, a partire dal 2016 è possibile acquistare espressamente per collezionismo/esposizione cannabis light, marijuana depotenziata che tuttavia vede l’obbligo di rispondere a specifici requisiti: per essere considerata tale deve infatti contenere una concentrazione di THC inferiore allo 0,2% con limite di tolleranza fissato allo 0,6%. Nessun chiarimento circa la concentrazione di cannabidiolo, poiché tale principio attivo non dispone di efficacia drogante né determina effetti psicoattivi.
30 maggio 2019 – Sentenza della Corte di Cassazione
Attraverso la sentenza della Corte di Cassazione del 30 maggio 2019 viene messa in discussione la liceità della vendita di cannabis light e relativi derivati. Il responso è chiaro e lascia ben poco spazio all’immaginazione: “la commercializzazione di cannabis sativa L. e, in particolare, di foglie, infiorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell’ambito di applicazione della legge n. 242 del 2016, che qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel Catalogo comune delle specie di piante agricole, ai sensi dell’art. 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002 e che elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati, pertanto, integrano il reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n.
Il concetto di cannabis “priva di efficacia drogante” resta piuttosto nebuloso ma di fatto vengono imposti limiti particolarmente stringenti circa la presenza di principi attivi limitati allo 0,2% per quanto concerne il THC con margine di tolleranza fissato allo 0,6%, non dichiarati per quel che coinvolge invece il CBD.
Scontro Lega - 5 Stelle: Salvini in prima linea contro la commercializzazione
Maggio 2019 segna il mese del cambiamento, non certo positivo: Matteo Salvini, leader della Lega si pone in prima linea in favore della chiusura dei numerosissimi grow shop diffusi sull’intero territorio nazionale.
Considera la cannabis come droga, definendola “emergenza nazionale” e lotta per estinguere quella che secondo lo stesso rappresenta una vera e propria piaga. Rispondono prontamente la Ministra della Salute Giulia Grillo che chiarisce l’importanza di non fornire informazioni fuorvianti e poco veritiere, appoggiata da Matteo Montero, Senatore del Movimento 5 Stelle che saggiamente prospetta come ipotizzando la chiusura dei grow shop, inevitabilmente ne risulterebbe alimentato lo spaccio, con tutte le conseguenze del caso.
Ottobre 2019 – In attesa della proposta di legge in favore della legalizzazione
Attualmente la situazione in Italia circa la legalizzazione della cannabis è latente: si attende che venga discussa in Parlamento la proposta di legge in favore del consumo di marijuana italiana legale a scopo ricreativo con la possibilità di detenzione entro specifici limiti, ma ad oggi nulla è certo, nemmeno se sussiste realmente la possibilità di commercializzare la materia vegetale a scopo puramente collezionistico senza il rischio di incorrere in ingenti sanzioni. Il processo è ancora lungo ma è auspicabile che nei prossimi mesi tale situazione si sblocchi in qualche modo fornendo certezze e tutte le dovute chiarificazioni.
Dicembre 2019 – Dichiarata non penale la coltivazione casalinga di canapa
Un piccolo barlume di speranza circa la legalizzazione si è finalmente aperto in Italia il 19 dicembre 2019: tale data ha infatti autorizzato, grazie all’intervento e alla dichiarazione delle Sezioni Unite della Cassazione, la coltivazione casalinga di canapa, non ritenendo tale azione reato penale. Tutto questo da vita a un contesto analitico e interpretativo particolarmente positivo, mettendo per un attimo da parte da demonizzazione della cannabis light in Italia: il reato di coltivazione casalinga veniva infatti precedentemente associato in maniera più che naturale, al reato di spaccio.
Fortunatamente, a partire dal 19 dicembre 2019 la coltivazione di cannabis rudimentale e domestica, complice l’esigua quantità di potenziale prodotto e la scarsità di specifici strumenti di lavorazione, ha smesso di essere considerata reato penale. Sebbene ad oggi la coltivazione di marijuana rimanga illegale in Italia, tale piccolo passo avanti rappresenta pur sempre una piccola vittoria.
Decreto Milleproroghe 2020 – Un tentativo per liberalizzare il commercio di canapa legale
Gennaio 2020 ha rappresentato un’ulteriore scossa circa la legalizzazione: il senatore pentastellato Matteo Mantero, unitamente a trentina di altri deputati di sinistra, ha infatti proposto in occasione del Decreto Milleproroghe, un ulteriore emendamento in favore del commercio e dell’utilizzo di canapa light, ovvero cannabis depotenziata e relativi derivati quali l’olio di CBD.
La Commissione Affari Costituzionali e Bilancio della Camera, insieme ad altri 900 deputati, ha tuttavia bocciato la proposta poiché ritenuta “non strettamente attinente alla materia”. La marjuana e relativa legalizzazione gravitano ancora oggi in una sorta di limbo, complice una voragine normativa purtroppo ancora ben lontana dall’essere colmata.
3 Dicembre 2020 – L’ONU elimina la cannabis dall’elenco delle droghe più pericolose
Via libera definitivo circa l’impiego della cannabis terapeutica: è degli ultimi giorni infatti la notizia che potrebbe finalmente segnare una svolta circa la legalizzazione: l’ONU ha infatti scelto di eliminare la marijuana terapeutica dalla lista delle droghe proverbialmente più pericolose, la stessa che peraltro comprende stupefacenti quali eroina e cocaina.
La Commission for Narcotic Drugs con sede a Vienna, che comprende 53 Stati membri ha finalmente elaborato e approvato una serie di raccomandazioni promosse dall'Organizzazione Mondiale della Sanità quali appunto quella di eliminare la cannabis dalla Tabella IV della Convenzione Unica del 1961, all'interno della quale compariva dal 1961 anche la canapa sativa.
Quella ottenuta dall’ONU è una vittoria che si attendeva da tempo e forse potrebbe finalmente rappresentare il primo passo per potenziare e migliorare la ricerca scientifica sulla cannabis e il relativo uso terapeutico ormai così diffuso.
La legalizzazione della cannabis in Europa
Legalizzazione in Spagna
Nonostante la legge spagnola sia piuttosto tollerante e preveda un notevole margine di libertà, il possesso di cannabis in Spagna non è sempre legale. Lo spaccio rappresenta un reato penale e, nonostante la maggiore flessibilità rispetto a quanto ammesso in Italia, sono comunque previste anche pene detentive qualora si scegliesse di seguire la via dell’illegalità. Il consumo di marijuana ad uso personale è sovente tollerato dalle forze dell’ordine sebbene entro certi limiti. Fumare marijuana è concesso ma è considerato qualcosa di strettamente privato e personale che può avere luogo solo nella propria dimora o in luoghi specificatamente adibiti: diversamente il consumo in luogo pubblico è considerato reato sanzionabile a discrezione delle forze dell’ordine con multe che possono raggiungere i 300€.
É altresì tollerato il trasporto discreto legato unicamente a prodotti impacchettati e certificati dal produttore per quantitativi inferiori o pari a 50 grammi. Tuttavia la legge spagnola sulla cannabis può variare in funzione della località: basti pensare alla liberta di Barcellona o della Catalogna. Fumare in pubblico non è concesso fatta eccezione per i club autorizzati.
Legalizzazione in Francia
Come in Italia anche in Francia l’utilizzo di cannabis light è ad oggi considerato illegale: tuttavia il Paese ha da qualche mese avviato il processo di legalizzazione volto unicamente alla cannabis terapeutica in maniera controllata e in previsione di misure più radicali. È pertanto auspicabile l’avvio imminente di un processo di legalizzazione della marijuana in modo da fornire agli assuntori un accesso legale a una tipologia specifica di erba ad uso prettamente medico senza ripercussioni sociali, pianificando tale “esperimento” per i prossimi due anni.
Legalizzazione in Olanda
In Olanda da oltre 40 anni sono ben noti i coffeeshop, una realtà resa possibile dal particolare regime di tolleranza avviato negli anni 70 dal Governo olandese e confermata dagli attuali susseguiti negli ultimi cinquant’anni. Pur essendo formalmente illegale la produzione di cannabis e la relativa commercializzazione, all’interno dei locali è consentita la vendita di piccole quantità ai soli maggiorenni. Tuttavia la coltivazione e la distribuzione risultano tuttora illegali e perseguibili poiché principalmente controllate dalla malavita locale. Costituisce un reato anche l’assunzione in pubblico.
Legalizzazione in Svezia
Nonostante la Svezia compaia tra i Paesi più liberali d’Europa, il consumo di marijuana non è ad oggi in alcun modo tollerato. Pene particolarmente severe dunque per gli assuntori, anche in possesso di minime quantità di erba che proprio all’interno del Paese rischiano pesanti sanzioni e in casi gravi la detenzione.
Legalizzazione in Svizzera
In Svizzera il consumo di cannabis è ad oggi considerato illegale così come la vendita e la produzione, specie se in forma di erba buona o hashish. Il consumo di canapa da parte di maggiorenni è punito con una multa di 100 franchi. Il possesso di quantità inferiori ai 10 grammi non è perseguibile mentre per quanto concerne i minorenni la pena prevista può variare in base al diritto penale minorile.
Legalizzazione in Germania
A partire da marzo 2017 in Germania è stata varata una legge che offre l’opportunità di prescrizione della cannabis a pazienti gravemente malati, in qualità di supporto alla terapia del dolore. Tuttavia tale legge ad oggi presenta una falla data dalla mancata presenza di parametri volti ad indicare e classificare la reale gravità della patologia. Il consumo di cannabis light è di norma legale ma con ovvie limitazioni legate alle quantità in possesso dell’assuntore: in base alla regione, è possibile detenere una quantità che varia dai 15 grammi di Berlino ai ⅗ grammi in altre regioni.
Legalizzazione nel Regno Unito
Il Regno Unito rappresenta tutt’ora un autentico fanalino di coda: ad oggi e solo dallo scorso anno è stato autorizzato l’impiego di cannabis in ambito terapeutico pur mantenendo illegale il consumo di erba a scopo ricreativo. Tuttavia sono auspicabili futuri significativi cambiamenti in quello che sembra essere il Paese più tollerante in termini di sanzioni.
La legalizzazione della cannabis nei paesi extraeuropei
La legalizzazione della cannabis in quelli che sono i Paesi extraeuropei sembra essere motivo di discussioni e dibattiti significativamente meno accesi rispetto a quanto avviene in Europa. Una mentalità radicalmente più aperta consente alle giurisdizioni un margine di tolleranza superiore, portando a considerare l’erba non più fortunatamente un tabù.
Legalizzazione in Australia
In Australia un recente provvedimento ha stabilito tutte le norme legate al consumo e alla detenzione di cannabis a uso ricreativo, ufficializzando l’effettiva legalizzazione: i maggiorenni hanno il diritto di possedere fino a 50 grammi di erba e possono coltivare 2 piante a testa o 4 per famiglia. Trattandosi di uno stato federale tale legge tuttavia coinvolge solo il territorio della capitale sebbene dal 2016 sia stato legalizzata anche l’assunzione di marijuana a scopo terapeutico.
Legalizzazione in California
Anche la California si è progressivamente adeguata al processo di legalizzazione a carico della cannabis: a partire dal 1° gennaio 2019, l’uso ricreativo della marijuana è diventato legale a seguito di un referendum indetto a novembre. I cittadini che hanno superato i 21 anni possono detenere liberamente fino a 28 grammi di erba e coltivare a casa fino a sei piantine. Resta tuttavia vietata l’assunzione nei luoghi pubblici.
Legalizzazione negli Stati Uniti
Il 25 giugno 2019 il Governatore dell’Illinois ha approvato la legge per mezzo della quale è avvenuta a tutti gli effetti la legalizzazione legata all’uso e alla vendita di cannabis nell’intero Stato, questo a partire dal 1°gennaio 2020. Ad oggi rappresenta l’undicesimo stato degli USA ad aver legalizzato completamente la marijuana seguendo le orme di Alaska, California, Colorado, Maine, Massachusetts, Michigan, Nevada, Oregon, Vermont e Washington. Il numero degli Stati dove è tuttavia considerato legale vendere e acquistare marijuana aumenta se si includono anche il District of Columbia, dove tuttavia è vietata la vendita privata, e i territori delle Isole Marianne Settentrionali e Guam. Piuttosto curioso se si pensa che proprio negli Stati Uniti ha avuto origine il proibizionismo!
Conclusioni: secondo te è giusto legalizzare?
È giusto legalizzare la cannabis? Noi riteniamo di si, perché oltre a garantire un sostanziale miglioramento dell’economia nazionale, un incremento dei posti di lavoro legati alla produzione e commercializzazione, e una sostanziale riduzione della microcriminalità data dallo spaccio, la legalizzazione della cannabis renderebbe fruibile un elemento naturale che, al di là dei possibili effetti psicotropi, racchiude comprovate virtù ed è in grado di conferire notevoli benefici al corpo e alla mente. E voi cosa ne pensate? Siete favorevoli o contrari? Siete aperti al cambiamento o ancora legati ai pregiudizi dati dal “moderno proibizionismo”?.