L’hashish rappresenta il più classico dei concentrati di cannabis. Impiegato per secoli prima dell’avvento dei moderni derivati, deve la sua popolarità alla facilità di produzione, oltre ovviamente agli effetti positivi e benefici in grado di conferire all’organismo. Dal caratteristico e inconfondibile aroma, è definito da una particolare consistenza pastosa e compatta: viene solitamente proposto sotto forma di polvere dorata e ancor più frequentemente in panetti somiglianti a classico cioccolato fondente. Noto per i suoi effetti particolarmente evidenti e intensi, in molti ritengono sia addirittura più rilassante e sedativo delle classiche infiorescenze di cannabis essiccate e assunte mediante spinelli o vaporizzazione.
Produrre hashish legale in autonomia richiede solo qualche piccolo accorgimento, ma di fatto rappresenta pur sempre un’operazione alla portata di tutti: ecco dunque una semplice guida su come farsi l’hashish in casa che illustra quelle che sono le tecniche principali unitamente a consigli e suggerimenti da seguire con scrupolo al fine di ottenere un ottimo prodotto.
Come viene fatto l’hashish
L' hashish è un concentrato di cannabis derivato dalla resina prodotta dalle infiorescenze, mediante l’estrazione dei tricomi, lavorati e compattati in un blocco solido mediante pressione. Considerato fin dai tempi più antichi un bene prezioso, ai tempi commercializzato ed esportato lungo la Via della seta, raggiunse l’apice del successo in Afghanistan e Marocco intorno al XV secolo, oggi infatti le più moderne varietà Kush, quali ad esempio la Lemon Kush, la Power Kush e la Vanilla Ice, sono in parte caratterizzate da genetiche Kush autoctone delle zone montagnose tipiche proprio dell’Afghanistan così come del Pakistan.
L’hashish afgano, chiamato anche nero o pongo, ancora oggi, a distanza di secoli risulta tra i più apprezzati dagli intenditori di cannabis del XXI secolo complice il metodo di produzione semplice ma tuttora ampiamente utilizzato e in grado di conservare tutte le peculiarità tipiche del concentrato: già anticamente infatti le infiorescenze venivano dapprima ripetutamente cotte in acqua e, trasudanti di resina unitamente alle foglie di marijuana ricche di cristalli, successivamente subivano un particolare filtraggio per mezzo di un setaccio: il residuo ottenuto veniva impastato fino ad ottenere piccole panette appiccicose e di colore nero, marchiate a caldo con un simbolo di riconoscimento proprio, in modo tale da definire il “lotto di produzione” così come l’appartenenza a uno specifico gruppo o famiglia.
Tale tecnica particolarmente antica, a poco a poco è stata sostituita da moderni macchinari prodotti in Pakistan che hanno contribuito a sostituire gran parte del lavoro praticato manualmente, ottenendo comunque un prodotto finale del tutto simile al frutto degli antichi processi estrattivi.
Ulteriore esempio di hashish particolarmente pregiato e tuttora molto apprezzato, viene prodotto in Marocco da oltre 500 anni: le piante nordafricane di cannabis presentano caratteristiche ben differenti rispetto alle Kush, poiché col tempo, hanno subito modifiche tali da adattarsi perfettamente al clima così come all’ambiente, coltivazione dopo coltivazione. Ed è questo il motivo per il quale lo stesso hashish presenta caratteristiche diverse a seconda della regione di produzione.
In Marocco il processo di produzione dell’hashish cambia radicalmente: qui le piante, una volta essiccate, vengono battute ripetutamente in modo tale da setacciare le infiorescenze estraendo in questo modo la resina, separata dalla materia vegetale grezza. Il cosiddetto “cioccolato marocchino”, non viene dunque sottoposto a calore ma semplicemente pressato a secco, mantenendo il caratteristico colore marrone bruno o dorato. L’introduzione di genetiche sempre più moderne e produttive in termini di resa ha contribuito a mutare la consistenza del cioccolato marocchino originale, pur mantenendo una qualità estremamente significativa, la stessa che oggi può essere attribuita ai tipici hashish neri orientali o charas.
Come fare l’hashish?
Produrre hashish in casa, una volta essiccate infiorescenze provenienti da piante di cannabis dalla genetica di ottima qualità, rappresenta un processo relativamente semplice e adatto anche ai meno esperti.
Come farsi l’hashish da soli
L’hashish viene preparato attraverso una serie di tecniche che vedono la separazione dei tricomi dalle infiorescenze di cannabis essiccate. Una volta separati, i tricomi vengono accumulati sotto forma di polvere fine definita comunemente kief, la quale viene successivamente pressata e riscaldata in modo tale da ottenere una serie di panette. Ecco i metodi maggiormente utilizzati nella produzione di hashish tra le mura domestiche.
Sfregamento a mano
Lo sfregamento a mano rappresenta in assoluto il metodo più semplice poiché non richiede l’ausilio di particolari strumentazioni: di fatto costituisce la tecnica tradizionale utilizzata e praticata tuttora in Nepal e in alcune aree dell’India per produrre il cosiddetto charas. Si tratta tuttavia di un processo che richiede notevole tempo e non garantisce una resa finale particolarmente abbondante.
Per produrre hashish in casa sono necessarie semplicemente le infiorescenze di cannabis non essiccate: una volta lavate accuratamente le mani per evitare di contaminare il prodotto, occorre ripulire le cime da eventuali foglie e steli. Successivamente occorre posizionare le infiorescenze tra i palmi delle mani, rotolandole con delicati movimenti lenti e circolari, senza esercitare eccessiva pressione. A poco a poco sui palmi si depositerà una sorta di “pellicola” di resina che andrà rimossa avvalendosi di una lama o di una piccola spatola, per poi essere impastata fino ad ottenerne delle palline o dei piccoli “salamini”.
Setacciatura a secco
La setacciatura a secco rappresenta anch’essa una tra le metodologie più popolari, note e utilizzate per produrre hashish: consiste infatti nel setacciare gli scarti avvalendosi di un setaccio o di un telaio a maglia molto fine, in modo tale da ottenere kief particolarmente potente, da pressare successivamente fino a ottenerne delle panette. In questo caso sono appunto necessari gli scarti di cannabis, un telaio a maglia fine preferibilmente per serigrafia, carta da forno e una spatola plastificata o carta di credito.
Si procede posizionando il foglio di carta da forno, di dimensioni sufficientemente estese da superare quelle del telaio, su una superficie pulita, a cui andrà ovviamente sovrapposto il telaio o il setaccio stesso. Qui andranno sparsi uniformemente gli scarti in modo da consentire ai tricomi di separarsi facilmente dal materiale vegetale. Muovendo manualmente gli scarti, il kief tenderà a depositarsi sulla carta da forno e, una volta raggiunta una quantità pari a circa il 10% della materia vegetale impiegata, occorrerà semplicemente radunarlo avvalendosi di una spatola, per poi formare anche in questo caso una o più panette.
Utilizzare un frullatore
Efficace anche il metodo che prevede l’utilizzo di un frullatore, dispositivo di norma presente in ogni cucina che si rispetti: anche in questo caso sono necessari gli scarti di cannabis, una quantità sufficiente di acqua ghiacciata, un setaccio a maglia fine, un filtro impiegato per preparare il caffè americano, e un barattolo di vetro di grandi dimensioni. Si procederà introducendo all’interno del frullatore gli scarti di cannabis unitamente all’acqua ghiacciata avviando il dispositivo per circa un minuto, fino a creare un composto denso e spumoso.
A questo punto sarà necessario setacciare tale miscela all’interno del barattolo di vetro, per poi lasciarla depositare per circa 30 minuti. Trascorso il tempo necessario, sarà visibile una piccola quantità di sedimenti sul fondo, quelli che costituiranno l’hashish. Andranno a questo punto rimossi circa 2/3 di acqua in maniera lenta e accurata per evitare di disperdere il prodotto, per poi riempire nuovamente il barattolo di acqua ghiacciata, lasciando decantare il tutto per altri 3 minuti, operazione che dovrà essere ripetuta almeno 3 o 4 volte prima di procedere allo step successivo, in modo tale da ottenere quanto più hashish possibile.
Si procederà in ultimo filtrando il composto liquido mediante un filtro per caffè americano, il quale tratterrà la massa di hashish fredda e ancora umida. Occorrerà semplicemente farla asciugare per poter gustare un prodotto raffinato e di qualità, sotto forma di fumo o vaporizzazione.
Utilizzo dei sacchi per Ice-O-Lator
L’utilizzo dei sacchi per Ice-O-Lator rappresenta una metodologia relativamente recente e che tuttavia richiede l’impiego di attrezzature particolari. Tuttavia risulta particolarmente efficiente offrendo risultati davvero significativi in termini di resa. Sono dunque necessari gli scarti di cannabis, unitamente ad alcuni sacchi con rete a maglia fine, specifici per Ice-O-Lator, acqua ghiacciata, due secchi e un cucchiaio in legno. Si procederà versando la materia vegetale in un secchio aggiungendo abbondante acqua ghiacciata, fino a sommergerla.
Occorrerà poi miscelare il tutto per circa 15 minuti per consentire all’acqua fredda di allentare l’aderenza dei tricomi, separandoli dagli scarti mediante il movimento circolare, e di lasciarli quindi in sospensione sulla superficie. Nell’altro secchio a disposizione andranno disposti i sacchi Ice-O-Lator con maglie a trama differente uno sovrapposto all’altro, rimboccandone i margini superiori sul bordo in modo da fissarli opportunamente: il sacco con la rete più fine dovrà essere posizionato per primo per poi procedere in ordine crescente fino a fissare quello a maglia più larga. Andrà quindi versata la miscela attendendo il filtraggio della stessa per 15 minuti.
Sarà quindi necessario rimuovere dal secchio il primo sacco, rovesciando all’interno acqua ghiacciata in modo da favorire il distacco dalla rete di eventuali tricomi residui, procedendo analogamente con tutti i sacchi rimanenti, senza però mescolarne il contenuto Terminata tale operazione, andrà raccolto l’hashish accumulatosi all’interno di sacchi, ponendolo ad asciugare separatamente, per poi comprimerlo in palline o panette pronte al consumo.
Utilizzo dell’estrattore elettrico
Il metodo che prevede l’utilizzo di un estrattore elettrico rappresenta la tecnica più professionale in assoluto per produrre hashish. Tale dispositivo si basa sul medesimo principio della setacciatura a secco con la sola differenza che tale processo in questo caso risulta automatizzato. Sono pertanto necessari solo gli scarti della cannabis e lo stesso estrattore elettrico o Pollinator che vede la presenza di una struttura cilindrica o tamburo, aperta e avvolta da una rete a maglia fine che, attraverso la forza centrifuga separa i tricomi dalla materia vegetale.
Occorrerà in questo caso inserite gli scarti di marijuana all’interno del cilindro, accendendo il dispositivo. Via via che il tamburo sottoporrà il materiale a tale forza centrifuga, le parti vegetali rilasceranno i tricomi che si depositeranno al di fuori della rete sotto forma di kief allo stato puro.
Questo potrà poi essere lavorato a freddo, inserendolo in una pressa adatta e stringendo energicamente fino ad ottenere una panetta pressata o, in assenza di tale strumento, inserito all’interno di carta da forno e pressato con le dita.
Utilizzo del ghiaccio secco
È possibile ottenere facilmente hashish utilizzando anche ghiaccio secco, metodologia del tutto simile a quella del setaccio a secco, con qualche piccola variante in corso d’opera. Sarà necessaria una borsa a rete di dimensioni tra i 73 - 160μm e del ghiaccio secco o diossido di carbonio in forma solida, il quale può raggiungere facilmente temperature di circa -78.5°C, e ovviamente gli scarti della cannabis, unitamente a un paio di guanti spessi in modo da sopportare con facilità le basse temperature.
Occorrerà procedere riponendo gli scarti della cannabis all’interno della borsa a rete, entro la quale andrà posizionato anche il ghiaccio secco, precedentemente sminuzzato in piccoli frammenti, in modo tale che entri facilmente in contatto con la maggiore quantità di materiale vegetale. Si proseguirà scuotendo la borsa al di sopra di una superficie piatta e pulita, sulla quale aderirà una buona quantità di kief, lo stesso che poi andrà raccolto mediante una spatola o una lama, e compresso in panette mediante una pressa o semplicemente carta da forno con l’ausilio questa volta delle mani, dopo aver ripetuto però tale procedura, almeno 4 o 5 volte in successione.
Come fare l’hashish morbido
Per produrre hashish morbido occorre sfruttare principalmente la tecnica di setacciatura a secco utilizzata principalmente in Marocco. Può senza dubbio influire anche la tipologia di infiorescenze e la varietà di marijuana utilizzata, ma un esempio calzante per quanto concerne l’hashish morbido, è dato senza dubbio dal Super Polm, tipico fumo marocchino dalla consistenza pastosa e dal sapore mentolato, ottenuto percuotendo infiorescenze e foglie fresche, su una superficie sulla quale i terpeni aderiscono facilmente, dando vita a una resina morbida e compatta, pronta per essere compressa in panetti o piccoli ovuli.
In linea generale è possibile dunque che la tecnica della setacciatura a secco risulta essere la più indicata qualora si desideri ottenere un prodotto dall’ottimale malleabilità del tutto simile al charas tipico delle zone del Pakistan, in termini qualitativi, pronto a sgretolarsi, senza la necessità di essere riscaldato prima dell’utilizzo.
Come fare l’hashish partendo dalla resina
Per fare l’hashish partendo dalla resina è necessario sfruttare il metodo impiegato tradizionalmente nella produzione del charas pakistano, sfruttando in questo caso le infiorescenze ancora fresche. Utile dunque ripulire le cime da eventuale materiale vegetale di scarto, per poi sfregarle delicatamente tra i palmi delle mani, rimuovendo lo strato di resina che tende a depositarvisi, rotazione dopo rotazione.
Pur trattandosi di un processo lento e particolarmente meticoloso, consente comunque di ottenere un prodotto finale di qualità, subito pronto all’uso una volta pressato manualmente e composto in piccoli ovuli o panette.
Come fare l’hashish partendo dal polline
Per fare invece l’hashish partendo dal polline occorrerà radunare una quantità sufficiente di kief, una sorta di polvere ottenuta in prevalenza, setacciando e sottoponendo a sollecitazione, le infiorescenze di cannabis già essiccate. In questo caso, tale tecnica è prevalentemente in uso in Marocco e ancora una volta, nonostante il processo risulti piuttosto lungo, richiedendo una notevole pazienza, garantisce comunque buoni risultati in termini di resa. In questo caso sarà dunque necessario l’utilizzo di un setaccio sul quale andranno adagiate le infiorescenze, le quali andranno smosse in modo tale che i terpeni presenti, aderiscano al supporto sottostante, costituito da un semplice foglio di carta da forno.
Tale operazione dovrà essere ripetuta in successione almeno 4 o 5 volte fino ad ottenere una quantità sufficiente di kief o polline, da radunare in un unico blocco che andrà poi pressato mediante l’utilizzo di una pressa adatta all’uso o semplicemente di due piccole tavole di legno sovrapposte, su cui andrà adagiato ovviamente un peso.
Come fare l’hashish a secco
Per ottenere un hashish a secco di ottima qualità occorre sfruttare dunque la tecnica del setaccio, tenendo sempre in considerazione che le dimensioni dei tricomi, si aggirano tra i 50 e i 150 micron, necessitando di gradi di filtraggio adatti a selezionare in maniera accurata la materia vegetale. Indicativamente è possibile effettuare un primo filtraggio mediante l’utilizzo di un setaccio dotato di maglie da 150-160 micron, grazie al quale è possibile ottenere un primo prodotto allo stato“grezzo”: importante poi, al fine di ottenere un hashish di ottima qualità, l’utilizzo di infiorescenze essiccate e opportunamente congelate e mantenute intere, che andranno smosse delicatamente sui filtri in modo tale da favorire il deposito di resina utile sulla superficie sottostante.
In alternativa, se si desidera ridurre la qualità a vantaggio di una maggiore quantità di hashish, è possibile sminuzzare le cime, sempre però prestando particolare attenzione al colore della polvere che scivola dal setaccio e che, qualora apparisse verde, attesterebbe irrimediabilmente la presenza di materia vegetale e non più di tricomi allo stato puro.
Tale filtraggio andrà inoltre attuato su una superficie pulita e antiaderente quale un foglio di carta da forno, uno specchio o ancor meglio un tappetino in teflon o silicone, questo per agevolare la successiva raccolta della resina. Effettuando questi passaggi, si ottiene un hashish da 150-160 micron, che è tuttavia possibile raffinare ulteriormente rifiltrando il materiale una seconda volta, mediante un setaccio di circa 50 micron o al di sopra dei 70 micron per una qualità ulteriormente superiore.
L’operazione da compiere è la medesima praticata in precedenza col vantaggio di ottenere particelle accuratamente filtrate e ancora più pure, grazie alla tecnica del carding, che si avvale di una tessera di plastica in grado di agevolare la pressione della resina sulle maglie del setaccio, agevolandone il passaggio. In questo modo è dunque possibile ottenere l’isolamento delle teste dei tricomi, ove sono presenti i cannabinoidi e i terpeni della cannabis, che andranno poi radunati insieme e ancora una volta compressi in palline o ovuli.
Il vantaggio ottenuto, merita sicuramente la macchinosità di tale procedimento: un hashish puro e potente, ricco di principi attivi e dall’aroma intenso e inconfondibile.